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262 | il sigillo d'amore |
po non si seppe nulla di lui; finchè un giorno mi vedo capitare in casa un giovine servo arabo, tutt’occhi e tutto denti, che ha da consegnarmi una lettera urgente.
È il nostro amico che scrive: è ritornato dal suo viaggio, col bruno servetto, con un cavallo berbero, con un leoncino, e non so quante casse di tappeti e oggetti orientali. Annunzia una sua prossima visita.
— Adesso! — penso io spaventata. — Adesso mi riempie la casa di oggetti caratteristici e belli, ma dei quali farei molto volentieri a meno.
*
Il mio spavento si mutò in terrore quando egli venne. Per la prima volta da che ci si conosceva, non portava nulla: solo mi annunziò che mi avrebbe più tardi regalato il leoncino.
— Prima lo lascio crescere, poichè ha bisogno di certe cure e di una educazione speciale, poi glielo porto. Vedrà come è interessante e diverso dal come ci si immagina sia un leone.
— Senta, — dissi io garbatamente; — perchè non lo regala meglio al Giardino Zoologico? Anche Sua Eccellenza il Presidente del Consiglio ha fatto così.