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La prima confessione 253

buontemponi del paese venivano a banchettare; e dietro l’accampamento non mancava una specie di cortile dove il bravo Ginon allevava le anatre selvatiche e alcune oche grosse e tranquille come pecore.

La Gina, orfana di madre, faceva da massaia. In principio veniva solo di giorno a portare da mangiare al padre e badare alle oche quando egli era alla pesca: poi col sopraggiungere della bella stagione aveva abbandonato del tutto la casa della nonna, per fermarsi nello stabilimento paterno. E avrebbe seguito Ginon anche nella pesca, se fosse stato in lei; ma essendole questo proibito, trovava da pescare per conto suo, con una piccola rete da gioco.

Protesa su una barca legata alla riva, era riuscita, dopo lunga e paziente attesa, a prendere uno di quei pesciolini che si chiamano gatti ed hanno proprio i baffi, quando il parroco apparve. Le anatre e le oche lo circondavano, ed egli si volgeva di qua e di là come per benedirle e conversare con loro. Vederlo e buttarsi in fondo alla barca a pancia in giù, poichè in altro modo non poteva nascondersi, fu tutt’uno per la Gina.

— Egli se ne andrà bene, — ella pensava, chiudendo forte gli occhi e rattenendo il respiro. — Sarà venuto a spasso e se ne andrà. Non poteva trovare un altro posto? Non poteva proprio?