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232 | il sigillo d'amore |
e si sottopose senza lamenti alle lavande posteriori.
Poi si alzò, col ventre gonfio, enorme, e quando cominciò a scaricarsi, davanti e di dietro, parve il monumento di una fontana mostruosa.
— Dio sia lodato, Dio sia lodato — mormorava il bifolco; e fra di sè pregava, ringraziando il Signore perchè la bestia era salva.
Ma quando il pericolo fu scongiurato, l’eco della sua domanda da chi e perchè era stato avvelenato il toro, gli risonò dentro con un muggito implorante, simile a quello della bestia straziata.
— Solo mia moglie poteva avvicinarsi alla mangiatoia — disse al veterinario, con un istinto di terrore.
Il veterinario disprezzava gli uomini, e sopratutto gli uomini semplici: quello lì, poi, lo irritava perchè gli pareva un campione deteriorato della razza umana.
— E sarà stata tua moglie, per farti passare la notte fuori di casa — disse, ripulendo e rimettendo a posto i suoi strumenti. E neppure cercò di stendere sulle sue parole il velo pietoso dell’ironia.