Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Il pastore di anatre | 221 |
colse con la solita freddezza, come se dandogli da pascolare le anatre gli avesse concesso un favore.
Anche il desinare non corrispose alle speranze di Pino. Egli aveva pensalo che i Bilsi, specialmente adesso che non avevano più a chi lasciare i loro campi, mangiassero polli e salame tutti i giorni: ed ecco, invece, non venne a tavola che la minestra di riso e fagioli con la quale lui aveva antica dimestichezza. Meno male che il lungo contadino Bilsi era di buon umore: cominciò a scherzare col ragazzo, stuzzicandolo ogni tanto con un bastoncino per farlo meglio ridere. Si fece raccontare da lui, a più riprese, com’era andata la storia del nonno, al quale alcuni burloni avevano attaccalo sul dorso un cartellino con su scritto: «Fusto da vendere» (il nonno di Pino era il più famoso ubbriacone di tutti i dintorni); e ogni volta rideva da tenersi la pancia.
Pino lo guardava sorpreso. Era un padre, quello, il quale da appena dieci giorni aveva rimandalo al Signore il suo unico figlio? E non sapeva, il piccolo pastore d’anatre, che il lungo contadino rideva e scherzava così per cercare di distrarre la moglie.