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Il tesoro degli zingari 191

contro le malattie della pelle: per questo aveva fama di fare stregonerie.

Fu chiamata presso Madien: il solo suo entrare maestoso e luminoso nella capanna fece bene alla fanciulla. Le parve che il sole stesso, coi suoi zecchini scintillanti e il rosso il giallo il viola dei suoi raggi guardati ad occhi socchiusi, si affacciasse all’apertura del suo triste covo. E quando le dita sottili della vecchia, dure e rossastre come i pampini secchi, le toccarono il polso e le sollevarono le palpebre, rabbrividì tutta.

— Adesso le domando che mi faccia vedere il tesoro. Adesso le dico che è di tutti; che deve farlo vedere a tutti, — pensava con audacia. Ma non osava neppure guardarla in viso ed anzi aveva paura che quella indovinasse i suoi pensieri.

Dopo aver bevuto un bicchierino d’acquavite offertole dalla madre della piccola malata, la vecchia andò sull’apertura della tenda e sputò fuori.

— La bimba non ha niente, — disse, senza voltarsi. — Piuttosto dovreste metterla un po’ fuori, al sole. Oggi è davvero una giornata di primavera.


Madien fu rivestita dei suoi stracci e messa fuori, sulla pelle dell’orso stesa sull’erba, nell’angolo dell’accampamento dove il sole batteva