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188 | il sigillo d'amore |
in fondo. Anche il viso pare tinto con la terra gialla e il bistro; gli occhi dorati, il naso, le dita adunche, ricordano un qualche uccello da preda. Va di qua, va di là, osservando tutto, parla con la più giovane e bella delle zingare, quella che con gli occhi che sembrano finti, di cristallo nero, legge la sorte sulla palma della mano sinistra ai giovanotti che s’avvicinano all’accampamento; infine si ferma davanti alla siepe sopra gli orti intorno e forse osserva se c’è qualche cosa da prendere.
Madlen la segue con uno sguardo fra di ammirazione e di odio. Di lei ha una grande stima, mista a terrore, perchè oltre il resto la sa brava a fare sortilegi: ma dal giorno della notizia del tesoro sente anche di odiarla. Il tesoro appartiene a tutti: perchè dunque non lo lascia vedere, almeno vedere, se non toccare? E perchè non spende una delle monete ritrovate, per chiamare il medico?
— Io sono stanca, stanca, stanca, — ripete fra sè Madlen; e chiude gli occhi per sentire meglio la sua infinita stanchezza.
Le pareva che la sua pelle se ne andasse, attaccata agli stracci che la coprivano; che le ossa si disgiungessero, e si bucassero come quelle dei morti.
La notte, specialmente, era lunga e tormentosa; anche se i beveraggi di estratto di papavero e di lattuga, preparati dalla madre, la