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166 | il sigillo d'amore |
ricordo ancora, in certe sere quando egli indossava il frak, e la sua linea, il viso un po’ duro e angolare, coi freddi occhi verdoni, lo trasformavano in un qualche gentiluomo nordico venuto misteriosamente fra noi.
— Non mi ha chiesto nulla, — dice Lauretta, oscurandosi ancora in viso. — Guarda sempre verso la finestra e pare non si accorga di nulla.
Più tardi tento di telefonare alla clinica. Prima che l’infermiera risponda passa un lungo minuto: ed ecco sento il silenzio lugubre della clinica, nella notte, quando i malati tacciono e le lampade notturne sembrano già vegliare i loro cadaveri.
Fedele peggiorava: e l’infermiera lo disse a voce alta con la convinzione che la mia indifferenza fosse pari alla sua.
Il giorno dopo tornai a visitarlo. Non so per quale ragione, forse perchè pensavo di acquistarne per me al ritorno, mi venne in mente di portargli dei fiori. Poi tirai dritta: non si portano fiori ad un servo: una barriera insormontabile, accumulata da millenni di odio e di interessi feroci, divide ancora servi e padroni.
Comprai invece dolci e arance: cose che gli piacevano: ma appena vidi il suo viso deposi la borsa come una cosa mortalmente inutile.
Eppure il suo viso esprimeva una certa volontà: era ancora il viso duro, angolare, con