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154 il sigillo d'amore



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L’anima nostra ha momenti di chiaroveggenza terribili. Io sento, nel momento che Fedele tira dietro a sè la porta, che egli mai più rientrerà in casa nostra. Sì, nostra, poichè quella casa apparteneva tanto a lui che a me. Ebbi desiderio di uscire sul pianerottolo, di guardarlo a scendere le scale, come si fa con una persona cara che parte: il pensiero del suo giudizio malevolo mi trattenne. Allora mi aggirai smarrita per la casa. Sopra tutto il pensiero delle difficoltà materiali che l’assenza di lui mi procurava, pareva destasse il mio turbamento: chi pulirà più così accuratamente le stanze, chi mi servirà puntualmente i pasti? Io ero la negazione assoluta di tutto ciò che è donnesco: e diffidavo profondamente delle altre donne, specialmente quelle di servizio. La speranza che Fedele tornasse era il mio solo conforto; ma la sentivo fallace.

Egli non era forse arrivato ancora alla clinica che già mi disponevo a telefonare domandando notizie: il timore di diminuirmi ai suoi occhi mi trattenne di nuovo.

Ed ecco suonano alla porta. La sola idea che sia lui, che tutto ritorni nell’ordine di prima,