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146 | il sigillo d'amore |
devo di me stessa, no: anzi provavo un senso di gioia nel ritrovare in fondo al mio cuore il filo spezzato della poesia.
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Questo filo si riallacciò stranamente, per opera dunque di una cornacchia. Una pianticella, un ragno, un uccellino, bastano per rallegrare la solitudine di un prigioniero, di un eremita. Il pane che il corvo portava al profeta Elia era forse, nel pensiero di chi scrisse l’episodio, il nutrimento di vita, vale a dire di amore, necessario anche agli uomini che credono di poterne fare a meno.
Io conoscevo molta gente ma non amavo nessuno perchè credevo di avere abbastanza esperienza per non illudermi sull’amore degli altri. Lo stesso Fedele brontolava quando invitavo gente a pranzo o davo qualche ricevimento. Una volta mi disse: — provi a non dar loro nè da mangiare nè da bere e vedrà che nessuno ritorna. — Era probabile che anche la cornacchia, pure dandole da mangiare e da bere, non si affezionasse a me: eppure sentivo di volerle bene.
Quando il giorno dopo Fedele uscì per le spese, andai a visitarla. E attraverso il corridoio scuro sentii d’un tratto che il bel tempo