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Piccolina | 139 |
correndo dietro la cornacchia col vano proposito di riprenderla e rimetterla su. Impresa più difficile non mi era mai capitata: l’uccello mi svolazzava spaurito davanti; e alle mie preghiere false, di lasciarsi prendere, per il suo bene, e infine alle mie maledizioni rispondeva con dei cra cra rauchi e beffardi che mi impaurivano. Finalmente trovò da rifugiarsi nell’angolo dietro la colonna del forno a gas, e per quanto mi piegassi e cercassi di scovarla non uscì più di lì. — Va bene, benone anzi, dissi ad alta voce, passeggiando furiosa su e giù per il corridoio dall’uscio della cucina alla porta d’ingresso; — così quando quel mascalzone torna darò la colpa a lui se l’uccello gira liberamente per la casa; e sarà una migliore scusa per licenziarlo.
Se Fedele fosse rientrato in quel momento avrei forse dato ascolto ai miei rabbiosi propositi: ma egli non rientrava. Era già passata l’ora ed egli non rientrava. Forse, come certe serve maleducate, se n’era definitivamente andato. Questo timore mi calmò; e quando egli rientrò non gli feci osservazione alcuna. Anche lui non mi disse nulla, a proposito della sua uscita; più tardi, mentre io lavoravo nello studio, venne a domandarmi alcuni ordini per la sera, e vidi che si chinava premuroso a togliere un filo dal tappeto.
Tutto questo mi rassicurò. Rinunziai anch’io