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Piccolina 133


— E perchè è qui? Chi l’ha portata?

— Io.

Allora mi rivolsi a lui, terribile.

— E perchè? Chi vi ha dato il permesso? Da quando è qui?

— Da una settimana. L’ho comperala e mi tiene compagnia. Non può volare perchè ha le ali e la coda mozze, — aggiunse, scusando, più che sè stesso, l’uccello.

Il suo accento dimesso, quasi idiota, mi disarmava: eppure l’idea che egli si credesse così disperatamente solo nella mia casa da cercarsi la compagnia di una cornacchia, mi irritava e umiliava allo stesso tempo. Volli, per questo, fargli del male: e frenando il mio sdegno, anzi mostrandomi quasi dolente del mio volere, dissi:

— Oggi stesso porterete via di casa quest’uccello. Voi sapete che non amo le bestie in casa; nè cani, nè gatti, nè uccelli. Lo sapete: eppoi voglio che la cassetta sia chiusa.

Così dicendo io stessa rimisi alla cassetta il coperchio: e la cornacchia, nel sollevarmi che feci, mi beccò i capelli: poi lasciò cadere insolentemente, sul lucido legno, un’altra goccia che vi si impresse come un sigillo di cera gialla. E mi fissava coi suoi occhi vicini, inumani eppure per me beffardi, e pareva volesse dirmi: ringrazia il cielo che non te l’ho fatta addosso.

Fedele si avvicinò, con uno straccio tolse la