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114 | il sigillo d’amore |
compresa la servetta paurosa nascosta dietro l’uscio. I suoi occhi sono dolci, castanei, fatti più belli e vivi dall’immobilità della maschera di cera. Dev’essere, in realtà, un cacciatore di dote; ma in fondo io non penso così. In fondo il cuore mi batte come quello di un uccello ferito: quegli occhi che si rivolgono spesso a me, dal mistero del viso sconosciuto, e quella voce mai sentita che esce come dalla bocca di una statua, mi destano un tremito più indefinibile di quello della servetta dietro l’uscio.
Poichè l’esploratore mi aveva scritto che i preparativi per la sua spedizione erano finiti ed egli stava per partire: e il pensiero che egli fosse venuto a conoscermi così, di nascosto, nel suo bel costume del colore delle foreste vergini, mi travolgeva la mente.
È venuto; è l’annunzio squillante della primavera, è il cacciatore che prende i sogni senza colpo ferire e li butta sui capelli delle adolescenti come i coriandoli del carnevale.
Ma perchè tu, o madre, fai portare il bicchiere dell’ospitalità, e preghi l’uomo di togliersi la maschera?
Sotto la maschera tirata in su di un colpo appare il viso dell’accalappiacani del paese.