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106 | il sigillo d’amore |
da una sola lampada ad arco alta e bianca come la luna, scivolasse un essere pericoloso.
Posso dire che ho quasi sentito battere il cuore del mio compagno: certo era il suo orologio, ma mi parve il suo cuore. Certo ho sentito digrignare i suoi denti. Mi diede da tenere il suo pacchetto, poi senza dire una parola si slanciò avanti calcandosi il cappello sulla fronte come uno che vuol compiere una corsa vertiginosa. La sua ombra grottesca mi parve che lo seguisse affannosa, trascinata da lui con violenza. In un attimo raggiunse l’uomo del quale nella penombra si distinguevano le ghette e il cappello, come dipinti con la biacca per risalto al resto della forma scura: in un attimo lo investì, e mentre anche le due ombre si mischiavano per terra in una lotta misteriosa, lo volse con le spalle contro il muro e gli cacciò il pugno sotto gli occhi.
Anch’io correvo, atterrita, ma nello stesso tempo curiosa e presa da un senso d’ilarità. Perchè i movimenti di quei due erano veramente ridicoli, e la tragedia era solo nel mischiarsi informe delle ombre che pareva lo scontro interiore dei due uomini.
Il mio compagno parlava forte, ma in modo diverso del cameriere, con una voce lenta e cavernosa che non mi pareva più la sua.
— Si vergogni! Abbiamo veduto tutti, e ci siamo vergognati per lei. E devo dirle che se