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100 | il sigillo d'amore |
voglio entra in casa mia, fruga dappertutto, si corica sul mio letto, gioca col mio gomitolo: se lo chiamo mi salta in grembo, e io gli confido le mie pene, gli parlo male dei suoi padroni.
Questi padroni sono divenuti insopportabili: è già scaduto il mese e non solo non hanno pagato il fitto ma neppure il lavoro manuale che io ho eseguito per loro. Il gattino ascolta, ma dei miei guai gliene importa nulla; lo interessano meglio i bottoni del mio vestito coi quali tenta di giocare. Eppure la sua compagnia mi è di conforto: lo accarezzo e lo sento caldo, dolce e vivo sotto la mia mano: è un essere anche lui, per me più vicino e umano degli uomini.
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E che abbia un’anima, o almeno un istinto superiore a quello che si attribuisce alle bestie, e specialmente ai felini, me lo dimostra il fatto al quale infine vengo.
Dunque i miei inquilini non mi pagavano: per timidezza o per fierezza io non li sollecitavo; le mie risorse erano completamente esaurite, e piuttosto che prendere roba a credito dal droghiere o dal fornaio avrei preferito patire la fame. Tutte queste miserie le confido