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avrebbe voluto scostarsi, ma il ferro dell’ottomana glielo impediva.
Ella aspettò invano qualche parola di lui; poi sospirò e riprese, come per conto suo:
— Buona, ma non perdona. Non ne fa lei, di mancanze, ma non vuole ne facciano gli altri. Del resto il padrone non è alla sua prima scappata. Ha sempre tentato di fuggire. Nei primi giorni della malattia lo si trovò in casa del vignaiuolo, a capo fitto dentro un tino ove s’era gettato credendolo un pozzo.
Cristiano pareva non avesse piacere di ricevere le confidenze della serva.
— Non le farà del male, quell’uomo, alla vostra signora? Mi sembra di sentir gridare, — disse sottovoce, per interromperla.
— No, non le farà nulla. È un idiota e se ne andrà magari subito. E vedrà che resteremo sole di nuovo, in questa tebaide: la signora non prenderà più un uomo in casa. E le giuro che io non ne ho colpa. È quell’idiota sfiatato, che veniva in cucina. La solitudine!... — aggiunse, con un breve sommesso riso che tremolò nel silenzio come un barlume di luce. — Sì ha bisogno di parlare, finchè si è vivi: e qui finiremo col parlare alle nostre ombre sui muri. Oh, del resto, per me non importa: mi dispiace per la signora che finirà con l’ammalarsi anche lei.