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L’autunno cominciò precocemente, quell’anno: un settembre piovoso e freddo seguiva all’agosto torbido d’uragani. La vegetazione risentiva già la vecchiaia; ma nelle ore di sereno pareva si ribellasse a che tutto fosse finito; e si coloriva d’oro e di rosso, colori che all’occhio che guarda e non s’illude appaiono ben fittizi ed esteriori. Cade una foglia che pare tinta di sole, che nel cadere ha l’iridescenza d’una farfalla; ma appena giunta a terra si confonde con l’ombra, già morta.

È bastato il suo fruscìo per scuotere tutto l’albero, che comincia a lamentarsi. D’albero in albero il lamento si estende: tutto il frutteto è agitato, e sembra non sia il vento a scuoterlo, ma una forza interiore, un’angoscia mista a rivolta. Giù tutte le foglie! È inutile tenerle quando non sono più parte viva del ramo: e con le foglie cade anche qualche frutto: la pigna si spacca e i pignuoli le si staccano e cadono come i denti dalla bocca del vecchio. I rami più alti, con ancora le foglie verdi, si sbattono