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Era la serva di cui parlava Ghiana.
Dapprima guardò stupita l’uomo, sorpresa anche della sua amicizia col cane, poi subito gli sorrise come lo riconoscesse anche lei.
Egli si levò il cappello con rispetto, ma anche con una certa austerità: non voleva sorrisi dalle serve, lui.
— Sono venuto per sapere come sta il malato. Se occorre qualche cosa.... La signora mi conosce....
Subito si pentì, sembrandogli di aver detto troppo. Ma la serva non badava a queste finezze e lo invitava senz’altro ad entrare.
— Venga, venga! Adesso chiamo la signora. S’accomodi.... — e si ritraeva agitando il panno per meglio invitare l’uomo esitante a seguirla. — Scusi se lo faccio passare di qui.
Prima ch’egli si accorgesse dove passava, si trovò in un salottino che gli diede l’impressione di un acquario. Il pavimento infatti, sotto la luce verdognola che penetrava dalle persiane socchiuse, aveva un luccichio d’acqua: e le sedie di giunco verde vi si riflettevano e pareva vi galleggiassero come cestini.
C’è pericolo di scivolare, Cristiano! Tieniti fermo accanto all’uscio e non cessare