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diventare demoniaco, violento come l’uragano insensato.

Allora sollevava la testa ad ascoltare, ma poi la ripiegava ancora più bassa sul libro.

Il lamento stridente degli alberi aumentava: si sentiva, nei momenti di sosta, il tonfo di qualche frutto staccato dal vento; e le ultime goccie dell’acquazzone sul tetto producevano un picchiettio come di unghie che tentassero di smuovere le tegole.

Anche il gatto sollevava la testa ascoltando e di tanto in tanto balzava verso la parete per tentare di acchiappare qualche cosa ch’era solamente la sua ombra.

Eppure, sì, pare proprio un lamento umano quello che, a momenti, si unisce al gemito degli alberi. L’uomo ascolta di nuovo, ma vede il gioco del gatto e solleva le spalle: anche lui va dietro le ombre dei suoi sogni.

E se qualcuno si lamenta davvero? Che importa? Di lui chi ha mai ascoltato i lamenti? Ricordi, Cristiano, i primi tempi nella casupola? Nel silenzio della notte tu pure gridavi così: e nessuno e nulla, neppure la pietà degli alberi e del vento, ti rispondeva.