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che pareva una casa ambulante, con dentro tavole e sedie e materassi e stoviglie. Le finestre della casetta erano aperte, e dentro, qualcuno picchiava sui muri piantando chiodi.



Nei giorni seguenti fu di nuovo silenzio. Forse i padroni della casa l’avevano mobiliata per affittarla meglio.

Infatti, ecco una mattina venire una carrozza aperta, con bauli, valigie e gente: un velo grigio svolazzava dietro la corsa della carrozza, come una scia di fumo.

Cristiano si ritirò nel suo recinto e si mise a inaffiare melanconicamente con la poca acqua salmastra del suo pozzo l’aiuola di basilico davanti alla sua porta. Per convincer sè stesso che non aveva paura dei suoi vicini, aveva lasciato il cancello socchiuso: ma d’improvviso sobbalzò spaventato; un grosso cane-lupo, senza museruola, con un collare di metallo sul quale stava inciso un nome, era entrato di corsa, fiutando, ansando, e andava qua e là come cercasse una preda nascosta. Aveva la testa piccola e lunga, gli occhi castanei lucenti, e una grande coda dal pelo grigio nero e