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Ma egli non la lasciò andare: un senso di paura superstiziosa lo vinceva. Sì, sentiva anche lui d’aver peccato, di aver preso la donna altrui come si prende un frutto che è alla portata di mano, di aver gettato il seme della sua vita come il seme al vento, e aveva paura di dover pagare tutto.
— Ghiana, non te ne andare, prendi qualche cosa. Ti darò un po’ di caffè, adesso. Siedi: non te ne andare: non è possibile ch’io ti lasci andare senza che tu mi dica cosa posso fare, poi, per te e per la creatura.
Ella sollevò gli occhi, guardandolo di sotto in su: uno sguardo fermo, luminoso di dolore.
— Ho saputo che dovete sposarvi con l’altra. È questo... Fate quello che volete, ma che siate lontani, che io non senta più parlare di voi... È questo...
Egli chinò di nuovo la testa: e non sapeva perchè, la sua felicità gli appariva adesso meno grande di prima.
— Se io decidessi di andarmene anche di qui, lontano, in un luogo ove non si saprebbe più nulla di questi luoghi e della gente che conosciamo, tu verresti con me? — le domandò: e non sapeva se parlava con convinzione o se voleva provare la donna.
Ella rispose subito: