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domestica riordinò qualche oggetto intorno, finalmente si fece coraggio.

— Se lei viene.... stasera, o quando viene, non dica niente alla signora.

— Ma io non so niente! — egli protestò, chinandosi a guardare nel suo paiolino, del quale sollevò il coperchio. Allora la serva vide che dal brodo grasso fumante dentro il paiolino emergevano le zampe gialle di un cappone.



Dopo il suo pasto solitario egli uscì fuori, nel suo giardino.

Era la notte di Pasqua: notte tiepida e silenziosa di marzo, foderata di nuvole bianche lucide e soffici come drappi di seta.

Egli non aveva pensato di festeggiare la Pasqua, ma suo malgrado un soffio antico di poesia gli saliva dal cuore e lo costringeva ad uscire fuori della sua tana come gli animali che hanno dormito tutto l’inverno; ma sopratutto lo spingeva a muoversi in cerca di qualche cosa che egli tentava di non dirsi ma che in fondo sapeva bene cos’era.

Fece il giro del giardino, coi passi pesanti delle sue scarpe inchiodate che pure