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a mano prendeva dal letto e le porgeva. E quei fiori erano bagnati dalle lacrime della serva.

Gli occhi della vedova rimanevano lucidi e aridi, nel viso sempre più pallido. Solo quando il morto fu tutto aggiustato bene, ella gli accarezzò i capelli e si chinò a baciargli la fronte; e rimase un po’ così; si dicevano ancora qualche cosa, il morto e lei; infine si sollevò e diede come in uno scoppio di riso: piangeva.



Nessuno però parve dare attenzione al suo dolore, occupati come erano tutti a chiudere la cassa: uno dei due uomini era andato giù e tornava con una cassettina di zinco come quella che accompagna gli stagnari; ne trasse ed accese un fornellino, lo tenne in mano come una lampada; la fiamma obliqua cigolava come una lingua infernale; e con essa l’uomo saldò, sciogliendone lo zinco, tutta la serratura intorno alla cassa.

Così questa fu sigillata, da spedirsi all’eternità.

I quattro ceri rimasti intorno al letto deserto agitavano un po’ le loro fiammelle,