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fondo al giardino brillavano come fiammelle, e il gatto bianco che veniva incontro al padrone sembrava tinto di rosa.
Anche nell’interno della casa, all’aprirsi della porta, tutti gli oggetti scintillarono: il chiarore del tramonto arrossò la parete di fondo e una parte del soffitto di travicelli e di tavole grezze.
Solo l’uomo rimaneva scuro. Chiuse subito la porta, già pauroso di essere molestato, e di nuovo si guardò attorno come per assicurarsi che nulla mancava. Nulla mancava in quella grande stanza che serviva d’ingresso, da sala da pranzo e da cucina assieme; e nulla nella cameretta attigua: tutto era al solito posto, l’armadio ad angolo, la tavola coperta di un tappeto di tela nera cerata con un bordo giallo e con la scritta in mezzo: «New York City».
Tutto a posto, in ordine, con un velo di polvere come nelle case da lungo tempo chiuse.
Fra il camino e la porta un paravento di grossa tela da vele riparava quell’angolo dall’aria e ne formava una piccola cucina, con un lavabo e una tavola di marmo. E sopra la tavola di marmo l’uomo depose e cominciò a svolgere il suo pacco.
Il gatto assisteva all’operazione: con la zampetta nel cui bottone di velluto le un-