neri coperti di musco grigio, sul selciato umido del cortile sporco di scheggie simili a pezzetti di carne salata. Sento ancora il rumore speciale del portone che s’apre, il tonfo della secchia nel pozzo, la serva che macina il caffè.... Parlo di quando ero molto giovane. E il ricordo di queste voci, di questi suoni, mi dà un senso di gioia come se la giornata che s’apre sia ancora per me una di quelle. Che poi non erano giornate felici: ma erano piene di speranza e di sogni di felicità. Io sognavo la città, si capisce! Tutte le ragazze intelligenti che vivono nei paesi sognano la città. Io ancora la sogno, perchè non la conosco. Solo una volta, da bambina, sono stata in una città di mare: ricordo che al primo vedere il mare, che era appena increspato, il movimento delle onde mi sembrò prodotto dall’agitarsi dei pesci! Non dimenticherò mai quel momento di meraviglia e di gioia: ne rido, eppure ho l’impressione che la cosa fosse vera. E tutta la città mi sembrò bella, coi suoi tetti di ardesia, umidi, lucenti: mi pareva una città dissepolta dal mare, ancora ricoperta di uno strato d’azzurro. Ma non era possibile vivere in città: mio padre amava il paese, la campagna, i malati poveri. E così io mi contentavo di sognare: sogni che non si sono avverati, ma così