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al quarto piano. La mamma faceva tutto da sè: ed io l’aiutavo; così ho imparato tante cose che adesso mi giovano. Siamo stati molto felici, io e la mamma, allegri come uccelli. Mi faceva dormire con lei; o meglio ero io che volevo dormire con lei, ancora attaccato alle sue viscere, ancora un’anima sola in due corpi. Certo, dopo l’adolescenza ho sognato di spiccare il volo di lassù, dalle finestre del quarto piano: e l’ho spiccato. Ho sposato una donna ricca: ma i guai sono incominciati allora. Troppa gente intorno; ed io mi accorsi che non ero più libero, non perchè avevo moglie ma perchè avevo dei servi. Ero troppo abituato a far tutto da me: questo dava ai nervi a mia moglie. Di lì cominciarono i dissapori. Anche lei mi disse un giorno ch’ero un contadino: e mi offesi, allora, non perchè la cosa sia offensiva in sè stessa, ma perchè mia moglie l’aveva detta precisamente per offendermi. Adesso, detta da lei, signora Sarina, mi piace. Sì, sono un contadino, se per contadino s’intende un uomo che non ha bisogno che della terra per tenersi in piedi, ma padrone lui della terra.
La voce della donna domandò, un po’ vaga, sorvolando le considerazioni di lui.
— E sua moglie, adesso?
— È morta.