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Ma ella non perdonava. Era bella, nel suo dolore e nel suo sdegno feroce, ed io sentivo di amarla per tutta la vita.

Ma lei non perdonava. Invano mi ero inginocchiato davanti a lei e le baciavo la veste: appena poté liberarsi di me fuggì.

Dapprima credetti che andasse a denunciarmi alla sua famiglia: a farmi prendere e uccidere; e non mi mossi; ero pronto a tutto e accettavo già il castigo; ma in fondo speravo che la cosa potesse aggiustarsi con un matrimonio.

M’ero buttato di nuovo sull’erba e aspettavo. Soffrivo profondamente, ma un dolore ben diverso dal passato: d’un tratto mi sentivo uomo, anzi uomo appunto perché colpevole.

Aspettavo. Che cosa? Il castigo, la felicità? Forse tutti e due assieme Ma nulla, nessuno veniva.

Vedevo il cielo sopra di me infuocarsi: poi dopo il tramonto si fece di un azzurro cupo. Era già sera ed io aspettavo ancora. Le lucciole passavano sopra di me con i loro fili di zaffiro, tante che illuminavano l’ombra.

Allora mi sollevai, e mi misi a piangere come un bambino fuggito di casa e smarrito nella notte. Un senso angoscioso di abbandono mi vinceva. Dunque, neppure il delitto valeva ad avvicinarmi, a mescolarmi