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ondulati, di qua e di là della strada, e terreni paludosi che non mi confortavano punto: se anche il mio fosse così?

Ma poi cominciò una zona coltivata a vigne e a frumento, e finalmente vidi una casa e sentii l’odore del letame e del fieno tagliato; segno che c’era gente: ma non poteva essere la casa colonica, che sapevo bianca mentre questa era rossa; e d’altronde, per quanto andassi avanti guardando attentamente non vedevo il mio platano.

Dopo i campi della casa rossa ricominciavano prati e sterpaglie: il sole batteva caldo sulle mie spalle e i piedi mi dolevano.

Fortunatamente la strada s’insinuò d’un tratto in un bosco ceduo; mi fermai; le fronde dei faggi e degli ontani scherzavano col sole e col vento; e il vento, anzi, pareva nascesse lì, dalla cima agitata e argentata di ogni pioppo.

L’odore della menta aggiungeva freschezza all’aria, e le ombre delle foglie sull’erba si rincorrevano come farfalle scure, con qualche cosa di vivo che mi divertiva e mi commoveva. Fosse stato lì il mio terreno! Lo avrei amato subito; mi sarei sdraiato sulla terra con l’amore e l’abbandono di un amante, facendomi accarezzare da quelle ombre danzanti! Invece bisognava proseguire: e