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Ancora non avevano provato a farlo camminare.

— Su, Elis, su, coraggio, va.

Era la prima volta che lo chiamava così; ma Elis rimaneva attaccato a lei; allora lo riprese in braccio e andò fuori, nel cortile erboso, dietro la casa, dove al disopra del muro si vedeva la china verde della collina.

Uno stupore di sogno regnava nell’aria tiepida; sul cielo turchino le nuvole s’erano fermate e pareva dormissero. Ogni foglia, ogni filo d’erba era nel suo pieno rigoglio, gonfio, lucido di felicità.

Sul ciglione sopra il muro alcuni vecchi tronchi, con solo pochi rametti in cima simili ad artigli, s’erano anch’essi coperti di ciuffi di verde e pareva avessero strappato dell’erba e la tenessero così fra l’unghie per gioco.

Bona sedette sull’erba, stese il lembo della sottana e vi depose il bambino; e il bambino cominciò ad arricciare il naso indicando col ditino un ranuncolo che splendeva lì accanto: lo voleva, voleva odorarlo; qualcuno gli aveva già insegnato a odorare i fiori.

E Bona che credeva di non dover più mai cogliere un fiore, colse il ranuncolo e glielo mise fra le ditine, più belle e delicate dello stelo del fiore.