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Perché ella era una donna superstiziosa e sognante. Da qualche tempo, poi, quest’impressione di sogno che l’aveva sempre guidata, s’era intensificata fino al punto di farle credere che la vera vita consistesse nel sonno e nel sogno, e l’altra fosse solamente un incubo.

Per fortuna aveva il sonno facile; la stessa vita monotona che conduceva, in quella specie di fortezza ch’era la sua casa, glielo conciliava.

Così, quella mattina, sebbene avesse bevuto il caffè e la luce del giorno irradiasse la camera, finì col riaddormentarsi: un sonno lieve attraverso il quale sentiva i rumori della casa, il canto degli uccelli e il russare del marito; finché il rumoroso e agitato svegliarsi di lui la riscosse. E dapprima egli si arrabbiò perché l’avevano lasciato dormire tanto: poi perché sua moglie s’attardava a letto. Egli ci teneva, ch’ella s’alzasse presto e sorvegliasse le serve; non perché oramai anche a lui premessero molto le cose di questo mondo, ma perché non voleva che la moglie si sprofondasse in quel suo torpore mortale ch’era peggiore di ogni agitata disperazione.