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misterioso che forse era di passaggio nel suo letto per quella notte sola, mentre non s’era affezionata neppure al figlio dei padroni, e le maggiori sventure del prossimo, come appunto la morte di Elis, o la disgrazia del servo divenuto cieco ancora in giovine età, la lasciavano quasi indifferente?

La sorte del bambino la faceva piangere. Chi era, poi? Aveva una madre, un padre? Perché lo avevano buttato in mezzo alla strada come un oggetto inutile?

Invano tentò di farlo parlare ancora: egli continuava a dormire il suo sonno un po’ agitato, lamentandosi di tanto in tanto, in sogno, come se qualcuno lo molestasse e lo facesse soffrire.

Così Albina dormì poco quella notte: ed era scuro ancora quando si alzò.

Nel rivedere il cieco provò un sentimento nuovo: le parve di aver maggior rispetto e considerazione per lui; egli invece, appena sentì il calore del fuoco che ella aveva riacceso, balzò di sotto il suo sacco e disse con dispetto:

— Senti, se i nostri signori mandano via la creatura me ne vado anch’io.

— Speriamo di no. Sebbene mi abbia dato tanto fastidio, stanotte: non ho chiuso occhio, e adesso ho la schiena rotta.