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una strada polverosa fiancheggiata di casette già a quell’ora chiuse e scure; ma da ogni finestra mi pareva uscisse una testa per spiarmi; la luce del fanale del crocevia e poi di un altro più in là mi accompagnava; io però desideravo il buio, ed ecco raggiunsi il buio, mi ci buttai dentro come in un luogo ormai sicuro... La pineta m’accoglieva. Mi pareva di esser salvo, come il bandito nel bosco.

Guardo finalmente indietro: non uno, ma cento uomini m’inseguono, più alti di me, tutti piegati a cercarmi. Niente paura, sono i tronchi dei pini, e uno è tanto vicino a me che posso appoggiarmi ad esso per riprendere respiro.

E finalmente oso svolgere la bambina, lasciare che si agiti, se vuole. Può anche piangere, se vuole: il suo grido adesso può confondersi con le altre voci della notte, col mormorio degli alberi, con tutti i lamenti e i canti che salgono dalla profondità della mia anima; ma a dire il vero la bambina non si agitava né piangeva; era tutta dura dentro la fascia, con le manine in dentro, tutta tiepida e un po’ umida come un fiore notturno, nell’involucro della coperta; e abbandonava la testina in avanti, profondamente addormentata. Le passai timidamente un dito sul visetto, sulle palpebre chiuse, sulla bocca