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con lei. La donna era a testa nuda coi capelli neri corti e con un aspetto quasi di zingara.

Cominciò subito a guardarmi con diffidenza, poiché io le facevo dei cenni per domandarle che male aveva la bambina, poi accortasi della mia infermità s’illuminò d’un tratto in viso quasi avesse ritrovato un fratello, e toccò la testa e la nuca della bimba per indicarmi che il male era lì: in ultimo mi accennò col capo la casa del dottore. Si proseguì dunque assieme, e si continuò, dirò così, a parlare. Sì, a parlare, perché la donna mi capiva dal solo moto delle labbra, ed io capivo lei, come fossimo stati educati assieme. I suoi occhi brillavano di una certa intelligenza, il suo viso esprimeva con straordinaria mobilità i più intimi moti del suo animo, e sopratutto la sua curiosità e la sua pietà per me.

La casa del dottore non era distante da noi più di un centinaio di metri, e già prima di arrivare alla porta io avevo fatto sapere alla donna che ero padre anch’io di una bambina orfana di madre, e di lei sapevo che era la moglie del guardiano della pineta: abitava in una casa laggiù in fondo verso il fiume; e oltre la bimba malata ne aveva una più piccola che stava a svezzare.

Particolari piccoli che pure mi interessavano