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vidi lì davanti a me la donna, con un viso avido, con gli occhi scuri che guardavano attorno fissando ogni oggetto come per impossessarsene.
Come dire alla zia tutto questo?
Avevo paura di aggravare il suo male: ma in fondo la mia incertezza aveva un’altra causa.
Feci capire alla donna che c’era in casa una persona malata: che avesse quindi pazienza di aspettare un poco prima di avere la risposta: e l’introdussi nella cucina.
Rientrai dalla zia: aveva la febbre, era un po’ agitata: pareva sentisse che qualche cosa di nuovo, d’inquietante accadeva. Per tre, quattro volte, andai da una camera all’altra, dall’ingresso alla cucina: mi pareva di cercare qualche oggetto che non riuscivo a trovare. La balia stava in cucina, col suo fagotto per terra, seduta con la gonna tesa e gonfia come un pallone, coi lunghi orecchini che le pendevano fin sul petto, le mani incrociate sul grembo come chi è deciso a non far niente, né durante quella giornata né poi.
Pensai che bisognava offrirle da mangiare: c’era del latte preparato per la zia, un po’ di pane e d’altro per me. Le indicai di prendersi, di prepararsi un po’ di caffè e latte, e tornai di là in