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taccuino e il lapis. Ero come sotto un fascino: facevo tutto quello che mi si chiedeva di fare. Così porsi alla donna il mio libretto: ella poteva anche leggervi quello che c’era scritto: non avrei protestato: ella lo aprì, e sulla prima paginetta bianca che capitò scrisse qualche parola, rapidamente, con una scrittura chiara.

“Mi dispiace di quanto ti è accaduto. Ma se tu permetti parlerò io con mio marito e aggiusteremo le cose alla meglio”.

Mentre io leggevo, ella ripeteva le parole al padre, che approvava con la testa.

Io leggevo e rileggevo con un profondo turbamento.

Mai nessuno mi aveva parlato così, o almeno mi pareva che mai nessuno mi avesse parlato così. E non potevo, non potevo rispondere. Un tumulto di passione s’alzava, dentro di me, come un turbine improvviso: qualcosa si scioglieva, dentro di me; il groppo di odio, di rancore, di disperazione e d’amore che mi teneva da tanto tempo infermo: si scioglieva, eppure non mi permetteva di piangere, di sollevarmi, di rispondere.

Finché sentii la mano pesante del vecchio posarsi sulla mia testa: mi parve di svegliarmi da un sogno: guardai stordito e davanti a me vidi il