voce, non turbarono, anzi accrebbero quel senso di incanto:
— Vuoi che la Marisa ti porti il caffè? Ha già comprato anche il latte, il pane, una gallina, pesce, frutta e verdura.
Ben venga, dunque, questa Marisa, che oltre alla cornucopia dell’abbondanza, pare abbia recato il dono della pace e della serenità.
E invero, quando ella apparve sull’uscio, col vassoio del caffè, badando a non rovesciare i recipienti, ma nello stesso tempo sbirciandomi subito con gli occhi di gatto, mi sembrò una di quelle fate travestite da vecchie storpie, che girano per i boschi delle fiabe in cerca di bambini dal cuore generoso. E storpia lo era infatti, con una spalla giù, una su, col petto duro prominente, i piedi che pareva fossero in collera fra di loro e camminassero ciascuno per conto proprio, volgendosi i calcagni: la testa, però, bellissima, per i colori pastosi che l’animavano; bianco dorato di lentiggini il viso, le labbra rosse, gli occhi di smeraldo; i capelli