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te l’ultima luce verdognola della porta a vetri.

Ma non uscì. Lo sentivo frugare nella camera da letto e nella cucina: andò anche fuori, dalla porticina dietro la casa, ma senza allontanarsi.

Sentivo il vento irrompere nella cucina e penetrare dall’uscio di comunicazione: arrivava fino ai miei piedi con un guizzo di serpente: ed io m’irritavo sempre di più, pure vinta da una tristezza che rasentava la disperazione.

Mi pareva di essere legata e buttata come un sacco nella stiva di un bastimento che andava, andava, fra il rombo del mare in tempesta.

D’un tratto, però, sento un odore di fumo. E quest’odore di casa viva, di gente viva, profumo di famiglia, di calore, di poesia, mi richiamò in me stessa: le lagrime tornarono a bagnarmi gli occhi, ma come diverse dalle prime!

Mi sembrò di svegliarmi da un incubo, d’ingoiare, col mio pianto, tutta quella giornata tenebrosa e malvagia. Il mio compa-