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di passare dall’ombra alla luce. E tutto, la tavola ovale ricoperta di una striscia di trina, le sedie e le poltrone di vimini, con larghi ospitali cuscini, le ingenue stampe appese alle pareti, tutto in questa stanza che serviva da ingresso, da salotto da pranzo e di ricevimento, mentre il suo odore di chiuso se ne andava fuor della porta, quasi fuggendo per non aumentare la mia scontentezza, parve salutarmi con gioia, con amicizia. Nel penetrarvi, io vi sentii infatti qualche cosa di mio, come avessi mandato avanti un folletto per preparare il luogo a ben ricevermi.
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Ah, sì, adesso lo so: era l’alito del sogno, col quale per tanto tempo avevo pensato a questo rifugio d’amore, che salutava benigno il nostro arrivo. Anche la camera da letto mi piacque subito, col suo caminetto all’antica, i mobili semplici, il letto con la tenera e innocente sopracco-