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La madre le conduceva con santa e sonnolenta pazienza a tutte le feste da ballo, alle prediche, alle messe cantate, dovunque ci fosse folla: lei stessa combinava gite in campagna e ricevimenti in casa sua, per attirare i merli; e di donne invitava quelle che non solo non potessero far concorrenza alle figliuole, ma ne facessero risaltare la bellezza, la statura, la freschezza.

Io capitai da loro, quel giorno, senza sapere che c’era ricevimento, e sarei tornata indietro con piacere, se le ragazze, che s’affacciavano egualmente alla finestra, non mi avessero scorta, chiamata, portata su nel turbine dei loro vestiti dei sette colori dell’iride. E mi portarono proprio nel centro della riunione, cordialmente, ma anche con un certo senso di beffa: e sulle prime mi sentii davvero un po’ umiliata, piccola e scura com’ero, e fredda e melanconica: ma dopo il primo stordimento vidi i vivi occhi dei giovanotti intorno fissarmi con sguardo ben diverso di quello che rivolgevano alle mie cugine,