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via tutto. Così scendevo nelle profondità buie della mia coscienza, cercando di rischiararle a furia di confessioni a me stessa e di proponimenti austeri.
Ma sentivo la vita che se andava in melanconia, e che così, senza amore, senza speranze e senza peccato, mi pareva un vaso di cristallo che contenesse solo il vuoto.
La venuta dello straniero in casa nostra non mutava il colore dei miei giorni: diffidavo di lui come del resto degli uomini, ed evitavo di guardarlo, se per caso lo vedevo, quando usciva o rientrava. Ma ne sentivo il passo lieve ed elastico, l’odore che lasciava per le scale; qualche volta la voce calda e vibrante: e se per me egli era «l’inquilino», davanti al quale avrei dovuto sentirmi umiliata come per un segno di decadenza di famiglia, le parole della serva: — egli sarà prefetto (escludiamo pure l’altezza di ministro) — lo rivestivano di rispetto e quasi di grandezza nella mia fantasia di ragazza provinciale.