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Così, dopo tanti anni e tante esperienze, io traduco il canto incerto ed ambiguo del violino di Gabriele.

Il fatto è che egli partì senza che io lo rivedessi, e la sua visita, fra le altre cose, lasciò in casa nostra quasi un senso di mistero.

La salvietta ch’egli aveva fatto sparire, non fu più ritrovata: nessuno, neppure i ragazzi, neppure le serve maligne, dubitarono che egli se l’avesse portata via: dicevano piuttosto che se l’era mangiata! Ad ogni modo il bel servizio rimase mutilato, ed ogni volta che io lo vedevo ne provavo dolore: mi pareva che qualche cosa, un membro della mia persona, un’ala dell’anima mia. mancasse pure a me.

Deledda, Il paese del vento, 5