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La voce di Gabriele adesso è diversa, quasi cupa, risonante nel silenzio intorno.

— Tu non hai sorelle?

— E non ha visto?

— Credevo ce ne fosse qualcuna sposata. Ma perché mi dai del lei? Quanti anni tu credi che io abbia?

Lo sapevo, che aveva ventidue anni, ma tanti di più, almeno per me, ne dimostrava, che mi sembrava un uomo anziano: ciò nonostante mi sorprendeva e mi lusingava la famigliarità alquanto severa con cui egli riprese a parlarmi. Si era anche adagiato con una certa padronanza, volgendo la sedia di traverso e appoggiando il gomito alla tavola, in modo che adesso la luce del lampadario lo illuminava di scorcio, ed io vedevo come due sue faccie, una bianca l’altra scura, sotto i capelli lucidi che di nuovo mi ricordavano le ali dei corvi in primavera. Si vedevano le ombre delle lunghe ciglia fin sotto gli occhi, e le labbra, nell’aprirsi e chiudersi, rivelavano e nascondevano i denti in un gioco volontario.