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zale della finestra, la pianticina di geranio che fioriva allegra sullo sfondo melanconico del cortile.

La pianticina, veramente, io non la vidi crescere, come affermavano i miei suggestionati fratelli e le serve accorse ad assistere ai miracoli dell’ospite: ma egli non lavorava per me, se non in senso crudele: per me non aveva che qualche sguardo fugace ed anche, mi sembrava, strano, come se la mia presenza desse ombra alla scena confidenziale e lieta.

Anche durante la cena (al mio paese si chiamava pranzo il pasto del mezzogiorno e cena quello della sera), egli non fece che scherzare coi miei fratelli e chiacchierare con la mamma, lamentandosi, sempre però in tono burlesco, per l’avarizia del padre. Diceva:

— È una malattia che nella mia famiglia è stata per secoli ereditaria. Il mio nonno digiunava sei giorni ogni settimana, con la scusa di averne fatto voto durante una grave malattia: era secco e magro come un bastone, anche perché alla notte non