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Questo è il vero Gabriele, non quello che la mia fantasia creava. Tutto è bello in lui; le mani lunghe, le dita affusolate di artista, i capelli morbidi e quasi iridati, come le piume dei corvi giovani, le sopracciglia alate, sullo spazio della fronte quadrata, la bocca sensuale e triste; il suo modo di muoversi, di sedersi, di guardare le cose, composto, lento, e quasi rigido, ma non indifferente: tutto mi piaceva, e mi destava orgoglio, come se egli mi appartenesse già.

Anche lui parve rallegrarsi per la buona accoglienza mia e di tutta la famiglia; i miei fratelli, specialmente, che sembravano tre piccoli leopardi, gli si erano stretti intorno, e lo sbirciavano, lo misuravano, lo guardavano di sotto in su come uno scoglio al quale si vuol dare l’assalto.

Egli lasciava fare, con aria seria ma non severa, senza dar loro confidenza: finché il più piccolo e ardimentoso domandò a voce alta:

— È vero che lei sa inghiottire i coltelli?

Gli altri presero a spintoni l’impruden-

Deledda, Il paese del vento, 4