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Scivolai fuori della camera, a testa bassa, quasi fossi stata sorpresa a compiere qualche cosa di proibito, e andai a nascondermi nella mia.
Era questa una camera che guardava sul cortile, alquanto tetra e poco preferita da me. Passato il primo stordimento, mi affaccio alla finestra, e spio se nel cortile ci sono i cavalli degli ospiti, immaginando che il figlio del notaio sia arrivato come il padre, scortato dal servo.
Il cortile è deserto, triangolare e un po’ umido sotto gli alti muri rivestiti di musco e di erbe grasse: pare l’angolo dello spalto di un castello, col grande cielo in alto laccato di turchino d’oltremare. Passano stridendo, in quell’altezza solitaria, le cornacchie che hanno il nido sui campanili, e quello strido mi comunica uno strano