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che cosa di significativo, d’ironico e crudele, nella caduta dell’involucro di carta che il vecchio aveva adorato come un astro, segno di Dio.



Un altro giorno, in ottobre, durante una delle solite assenze del babbo, io stavo a leggere nella camera degli ospiti, davanti allo scrittoio antico.

Leggevo, o meglio rileggevo, uno dei miei libri preferiti di quel tempo: I martiri di Chateaubriand. Era in una edizione rarissima, rilegato in pelle bianca con fregi d’oro: una cosa bella, come del resto tutto era bello in quella giornata che dava quasi un senso d’irreale: tutto azzurro, anche il granito del Monte, anche le ombre degli alberi; un azzurro che si rifletteva sulle pareti della camera, e sullo scrittoio che luccicava come fosse di cristallo.

Tanta bellezza, e l’incanto stesso della