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occuparsi di lei. Ballò, anche, e ricevette subito parecchie dichiarazioni d’amore. Finché, avvertito da un amico, non sopraggiunse un mio giovane nipote, il quale, osservata bene la straniera, gridò:

— Ma non vedete, babbalei, che quello è il mio cugino Gabriele?



Neppure nel raccontare questa prodezza del suo Gabriele, il notaio sorrideva; e, fra l’ilarità degli altri, comprese le serve, che si fermavano sull’uscio coi piatti in mano e gli occhi scintillanti di ammirazione, neanche io sorridevo; sia per soggezione del grande uomo nero, sia perché la figura del giovane studente mi appariva, attraverso i racconti del padre, fatti con quella voce dura e quasi tetra, tutt’altro che allegra; pensavo:

— Dev’essere mezzo matto, questo signorino Gabriele.

E mi pareva di vederlo, in mezzo alla