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fale pieno di libri, e vicino all’altra uno scrittoio antico, che pareva un mobile moresco, tutto di ebano autentico, intarsiato d’avorio.
Dalla finestra presso lo scaffale si dominava il paese; una scacchiera di tetti rossi e verdastri, alti e bassi, dai quali emergevano tre campanili tutti eguali, sottili e bianchi, mentre in fondo, quasi all’orizzonte, le torri della cattedrale s’innalzavano scure e massicce.
D’inverno era scuro ed umido anche il colore del paese: bruciato e rossiccio d’estate: di primavera, invece, e dopo le prime pioggie di autunno, i vecchi tetti coperti di musco ricordavano qualche cosa di preistorico, come appunto un villaggio costruito di macigni, sui quali rinasceva il verde di una vegetazione tenace e vergine di alta montagna.
Anche la strada stretta e pietrosa che vedevo sporgendomi dalla finestra, pareva un viottolo di montagna: e montagne e montagne apparivano nel vano dell’altra finestra, verdi, azzurre, bianche, grigie e