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incontro, lo presi per mano, lo feci entrare nel salottino.
Era calmo, vestito di scuro, coi capelli lisciati e la cravatta bene annodata; ma il suo viso non era più quello della sera prima, invecchiato, rigido e pallido. L’ombra del nostro dramma sfiorava anche lui; ed anche di questo io sentii sinceramente la responsabilità e il rimorso.
Lo pregai di accomodarsi sul divano di vimini, e sedetti accanto a lui: egli, a sua volta, sentì che gli ero vicina anche col cuore e ne vibrò tutto: vidi le sue mani tremare lievemente, stringendosi una sull’altra sul pomo del bastone: e tremula era pure la sua voce quando mi disse:
— Signora, le domando scusa se vengo a disturbarla, a quest’ora; ma penso ch’ella proverà sollievo nel sapere che il mio inquilino è partito.
Subito, con accento cattivo, io rispondo:
— Buon viaggio.
— Sì, un buon viaggio egli ha fatto.
— Che dice, signor Fanti?
— È morto: ieri notte, alle dieci precise.