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risponde al mio. Non è una voce umana, eppure parla per volere di un uomo, e ne esprime la tristezza e la desolazione simili alle mie: è il pianto di un’anima arrivata in un luogo sconosciuto e solitario, senza sapere come la notte imminente maturerà il suo destino, e se l’alba farà sbocciare di nuovo per lei il fiore della speranza; anima che non chiede aiuto, ma si lamenta con sé stessa.
Era il suono di un violino.
Chi suonava lo strumento faceva dei semplici esercizi, come cercando un motivo creatore che desse forma ai suoi sentimenti: eppure questi trasparivano attraverso la sola vibrazione delle note, come l’acqua che sprizza dalle fessure della roccia, e s’intonavano stranamente a quelli che il mio pianto esprimeva.
Non solo; ma avevo l’impressione che il suono fosse del tutto fantastico, o scaturisse da un angolo oscuro del mio essere, dal subcosciente.
Ed ecco che tutto il resto, il mio fidanzamento, il mio matrimonio, il trovarmi