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ciullo strisciava quasi furtiva sulla tovaglia, cercava, trovava il bicchiere, sempre pieno a metà, lo tirava a sé piano piano, fra le punte delle dita, con un senso fisico di amore.

La sua lontananza dall’umanità circostante era più che mai precisa, o almeno io la vedevo intorno a lui come un alone: e mi accorgevo che egli era il più felice di noi tutti, solo, in contatto col suo cibo, con sé stesso, con Dio, che gli concedeva tanta grazia.

Anche di me pareva essersi dimenticato: ed io rispettavo il suo rito, divertendomi ad osservare gli altri commensali.

Anche il mio vicino di destra non scherzava, in fatto di mangiare, ma con modi tempestosi. Trovava tutto cattivo: le fettuccine troppo cotte, il pesce mal condito, il vino asprigno.

Schioccando le dita chiamò di lontano il cameriere, e quando questi accorse, gli impose:

— Porta un po’ questa bottiglia a condire l’insalata.